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TERRA CIOCIARA: STORIA - URBANISTICA - FOLKLORE - AMBIENTE


LA CONVERSIONE AL CRISTIANESIMO

"SEDE VESCOVILE?"

"CONCLUSIONE DEL DIBATTITO"

"SEDE VESCOVILE?"

In intima connessione con l’origine del cristianesimo a Frosinone, si pone il problema se vi sia stata anche la sede vescovile o meno.

Non si vuol trattare questa dibattuta controversia per spirito campanilistico o per tenere viva una tradizione che il Kehr ha definito «costante e pertinace tradizione frusinate» e l’Enciclopedia Cattolica, a firma di Benedetto Pesci, ha sottoscritto rincarando la dose: «che però non ha il merito dell’antichità».

La si vuol riprendere per discuterla sotto nuove angolazioni e rivalutarla nei suoi giusti limiti.

Anzitutto tracciamo un breve quadro storico della questione.

Nel 1670 fu stampato il vocabolario geografico Lexicon geographicum di Filippo Ferrari (1551 - 1626). Esso è dedicato al celebre ministro ed economista francese che dette il suo nome a un sistema economico, G.Battista Colbert.

In questo dizionario è affermato che Frosinone era stato città vescovile.

Da quella data gli scrittori che hanno parlato di Frosinone hanno riportato la notizia del Ferrari. I sostenitori però della tesi opposta l’hanno sempre contraddetta, sottolineando la novità dell’affermazione. Da qui la citata espressione del Pesci.

Non conosciamo in effetti se ci siano stati, prima del Ferrari, altri autori che abbiano riportato tale informazione, nè se nella prima edizione dello stesso Ferrari (1624) fosse stata già pubblicata, come si può supporre. Sappiamo però che il Dictionarum historicum geographicum di Carlo Stefano, stampato nel 1638, ignora questa notizia.

Tuttavia, conoscendo il metodo di lavoro degli storiografì dell’epoca, pensiamo che il Ferrari, nel preparare il materiale per la sua opera, abbia consultato gli studiosi competenti e i non pochi frusinati più in vista del suo tempo.

Fra questi avrà consultato lo stesso vescovo di Veroli, che era proprio un frusinate, Mons. Ortensio Battisti, - nella foto - morto nel 1594, quando si riprometteva di far seguire una seconda opera al volume enciclopedico, che proprio quell’anno aveva licenziato alla stampa.

Ciò premesso, ecco lo sviluppo della controversia. Il primo autore che ha affermato in più luoghi della sua opera che Frosinone fu in origine sede vescovile è il Le Cointe nei suoi Annali Ecclesiastici Francesi. Questo autore è anche il più ricco di altre notizie connesse a quella della sede vescovile.

Dopo di lui viene l’Ughelli, edito dal Coleti, nella sua storia delle diocesi italiane. Questi però confessa che non ci sono monumenti antichi che lo provano e afferma che si tratta di una tradizione raccolta dal Ferrari.

Tredici anni prima del Coleti, che attese alla sua opera per volere di Clemente XI, il Lucenti aveva dato alle stampe un volume, che è una sintesi della prima edizione dell’Ughelli. In esso è detto: «Il Ferrari nel suo Dizionario geografico annovera Frosinone, volgarmente Frusilone, tra le città vescovili».

Segue il Giorgi, storico della sede vescovile di Sezze. Questi riporta la stessa notizia, in due punti del suo studio.

Dietro l’attestazione di tali scrittori, e di altri che per brevità si omettono, il De Matthaeis nel suo Saggio Istorico su Frosinone ampliò il suo studio e indicò anche l’epoca in cui cessò il vescovado a Frosinone. Egli pensa che ciò sia avvenuto verso la metà del sec. VII, perché fu assorbito dal vescovado verulano, ma non esclude che possa essere durato fino ai tempi di Carlo Magno.

La tesi del De Matthaeis, poggiata sull’autorità degli autori che lo precedettero, fu accolta dal Moroni e travasata nel suo Dizionario, vera miniera di notizie, quantunque bisognose di controllo.

Anche l’Enc. Treccani fa eco a questa tradizione: «E’ molto probabile che la sede vescovile più antica sia stata quella di Frosinone, che nel sec. VIII venne trasferita in luogo più sicuro, a Veroli».

Ma quello che più categoricamente ha affermato questa tesi è il Cappelletti. Egli così si esprime: «Un’altra chiesa vescovile dell’antico Lazio, checché in contrario ne dicano i verulani, gelosi più del dovere dell’intiera ed antica primazia della loro cattedra, è Frosinone, considerevole città, anche al giorno d’oggi della Campagna romana...».

L’autore però afferma che mancano i documenti per provare questa verità e che quelli già addotti da precedenti scrittori (Lucenti) non sono probativi.

A questo breve prospetto degli autori che sono per l’esistenza di una sede antica vescovile a Frosinone, dovremmo far seguire il quadro di quelli che la negano. Ma, per non appesantire l’esposizione, pensiamo di adottare un altro metodo e riferire le loro argomentazioni.

Le riprendiamo dalla lettera che il segretario dei Capitolo canonicale della cattedrale di Veroli scrisse al Moroni, prima che questi stampasse il vol. 94 del suo Dizionario, dove c’è l’articolo su quella sede vescovile.

  • 1°. La tradizione che a Frosinone ci sia stato il vescovo è nuova, perché risale al Ferrari.

  • 2°. Non sussiste la devastazione di Frosinone compiuta dal longobardo Gisolfo nel 702, alle cui conseguenze si lega la scomparsa del vescovado di Frosinone.

  • 3°. Che nell’antichità Frosinone «essere stata non già nobile ed illustre, ma penale prefettura di seconda classe... nello Strabone ai tempi di Augusto annoverarsi Frosinone. non inter urbes, ma inter oppida».

  • 4° Che i due pontefici frusinati, S. Ormisda e S. Silverio, non nominano mai tale supposto vescovado.

  • 5°. Che molti scrittori di indiscussa autorità non parlano di tale sede vescovile, per esempio, il primo Ughelli, Carlo di S. Paolo, il Coronelli, l’Arduino e il Labbé.

  • 6°. Che le due sottoscrizioni dei due sinodi romani (del 499 e 503) s’interpretano in modo differente da quello supposto dai sostenitori dell’episcopalità frusinate.

  • "CONCLUSIONE DEL DIBATTITO"

    Senza scendere alla discussione delle suddette argomentazioni, volendo esprimere il nostro convincimento, che ci sembra più aderente alla storia, ci pare di poter concludere come segue.

    La recisa negazione dell’antica episcopalità frusinate, formulata dal Kehr e ribadita dal Pesci nell’Enciclopedia Cattolica, è in contrasto con quello che afferma un altro illustre editore di Regesti Pontifici, il Pressutti, che scrive: «Frosinone fu una volta città episcopale della provincia di Marittima e Campagna dello Stato Pontificio».

    Le affermazioni opposte quindi si riscontrano anche tra gli studiosi di regesti vaticani.

    Ma c’è di più. Perfino nella recente opera scientifica La Ciociaria, troviamo le medesime affermazioni contrastanti.

    La questione può dipanarsi e concludere, se noi riprendiamo e sviluppiamo quanto si è riferito nel paragrafo precedente. La diffusione del cristianesimo nel Lazio - affermano gli specialisti - avvenne per irradiazione da Roma, mediante l’invio di vescovi nei nuclei urbani, perché questa era stata la prassi seguita dagli apostoli. «Nei paesi ove il cristianesimo si diffuse subito e più estesamente, l’Oriente, l’Italia meridionale e centrale e l’Africa, ogni conunità cristiana, non solo delle città, ma anche dei castelli e dei vici, ebbe proprio vescovo e presbiterio». Tale prassi ebbe la seguente evoluzione. «Le prime comunità cristiane vennero fondate nelle città. Si chiamavano parrocchie, vale a dire comunità di forastieri (cfr. Ebr. 11, 13- 16); i loro capi erano i vescovi... A partire dal III sec. troviamo le chiese anche in campagna». Queste erano rette da corepiscopi (= vescovi rurali), i quali dipendevano dal vescovo urbano».

    A incominciare dal IV sec. la parrocchia urbana con le sue chiese rurali incominciò a chiamarsi diocesi. Col perder terreno del paganesimo, si moltiplicarono le chiese rurali e i corepiscopi «come si può desumere dalla frequente menzione dei vescovi rurali.

    Però fu notato che questa evoluzione andava incontro a dei pericoli. Allora diversi Sinodi (314 Ancira, 341 Antiochia, 343 Sardica, 380 Laodicea) piano piano trasformarono quella struttura. «I vescovi rurali o corepiscopi passarono in secondo rango, essi perdettero il carattere episcopale e scomparvero poi nell’oriente nell’VIII secolo... In occidente anche fino all’VIII secolo i corepiscopi s’incontrano di rado».

    Da questa pagina di ineccepibile autorità si deduce che se le campagne avevano i vescovi, molto più lo doveva avere Frosinone, che era «nobile» paese sulla via Latina, come lo chiama Strabone.

    La scomparsa ebbe luogo per l’accennata evoluzione delle strutture ecclesiastiche. Per Frosinone poi la situazione precipitò a causa degli eventi politico - militari accaduti proprio dopo il frusinate S. Silverio, quando in sedici anni si vide per quindici volte il flusso e riflusso dei bizantini e ostrogoti.

    L’epoca in cui cessò il vescovado può riportarsi proprio a quel periodo tempestoso che seguì la morte di S. Silverio. Di questa idea è il Marocco. Egli la fa risalire allo stesso tempo in cui i monaci di Montecassino dovettero abbandonare il loro monastero e quindi nel 581 allorché «la casa madre di Monte Cassino venne distrutta dai Longobardi».

    Ma qui bisogna aggiungere altre considerazioni.

    Nei primi secoli della Chiesa, quando il vescovo si assentava dalla sua sede, veniva sostituito dall’arciprete col suo presbiterio. Oggi il titolo di arciprete può essere conferito dal vescovo in determinate circostanze, ma nell’alto Medioevo l’arciprete era il sacerdote che sostituiva il vescovo assente dal suo episcopio.

    A Frosinone noi troviamo l’istituto dell’arciprete e presbiterio (poi canonici) con una origine alto - medioevale che si perde nella oscurità dei tempi.

    A questa prima considerazione ne aggiungiamo un’altra.

    Più sotto parleremo di una donazione fatta dai frusinati Amato e Bona il 15 dicembre 1081. In quest’atto Frosinone è rinetutamente chiamato città, mentre gli atti pontifici coevi e posteriori lo chiamano sempre Castello.

    Ora sappiamo che nell’alto Medioevo il titolo di città veniva riservato ai centri urbani che avevano la sede vescovile.

    Come mai allora i regesti pontifici chiamano Frosinone castello, mentre l’atto notarile suddetto ripetutamente città?

    Certo non possiamo dare un risposta sicura a auesto quesito. Però non affermiamo una cosa lontana dal vero, se riteniamo che il ponolo chiamava « città» Frosinone perché lo considerava come antica sede vescovile.

    In tal caso bisogna pensare che la tradizione di un antico vescovado nella capitale della Ciociaria non risale ai Ferrari, ma all’alto Medioevo.

    Tutte queste considerazioni ci inducono a concludere che non si può negare che in origine Froinone abbia avuto una sede vescovile flliale di Roma, a carattere pastorale.

    In questo modo sarebbe anche meglio spiegato il perché nel secolo VI troviamo aggregati al clero dell’Urbe, frusinati come Ormisda, Silverio e Geronzio, dei quali i primi due furono papi e il terzo primicerio, ossia il capo della curia romana.

    Chiudiamo infine il capitolo col rilevare che la raccolta degli Atti dei Concili, stampata a Colonia nel 1551, al punto in cui parla di S. Ormisda, qualifica Frosinone col titolo di città: «Ormisda di Campagna, della città di Frosinone».

    Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo

    (FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni)
    - "Editrice Frusinate 1975"

    Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.

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