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TERRA CIOCIARA: STORIA - URBANISTICA - FOLKLORE - AMBIENTE


NEL DOMINIO TEMPORALE DELLA CHIESA

"QUANDO E' PASSATO NELLE MANI DELLA CHIESA"

"DOMINIO PREDIALE" - - "DOMINIO POLITICO"

QUANDO E' PASSATO NELLE MANI DELLA CHIESA?

Frosinone è stato sempre un paese o città satellite di Roma. Quando Augusto divise l’Italia in undici regioni, apparteneva alla prima di esse e, allorché Diocleziano la riparti in province, esso faceva parte della prima provincia.
In forza poi della sua natura di colonia imperiale, era demanio di Cesare. L’imperatore era quindi l’alto padrone di Frosinone. Tutti sanno che prima che si formasse l’Italia una, Frosinone apparteneva allo Stato pontificio.

Come e quando è passato dalle mani di Cesare a quelle del Papa? Il presente capitolo vuole rispondere a tale quesito.

In primo luogo notiamo che le notizie che ci danno gli scrittori su Frosinone non sono molto chiare ed esatte. Non possiamo farne un elenco. Prendiamo per tutte quella che ci dà l’autorevole e grandiosa Enciclopedia Treccani, lustro della cultura italiana.

In essa è detto: «Frosinone... distrutta più volte nel Medioevo, nel secolo XIII passava alla Chiesa».

L’esimio professore che, a nostro avviso, ha scritto l’espressione migliore sull’origine della nostra città, nella parte storica non si è espresso esattamente.

Frosinone non è passato alla Chiesa nel secolo XIII, ma, di fatto, al tempo delle lotte iclonocaste di Leone Isaurico, - (foto a sinistra) - e di diritto, con i riconoscimenti di Carlo Magno nel 774, di Ludovico il Pio nell’817, di Carlo il Calvo nel dicembre 875, dell’imperatore Ottone I il 13 febbraio 962 e, in ultimo dell’imperatore Enrico II il 24 aprile 1020, alla vigilia della lotta per le investiture.

Ma procediamo per ordine.

DOMINIO PREDIALE

Prendiamo come punto di partenza proprio il secolo XIII. Il 5 settembre 1207 il camerlengo della chiesa romana, Stefano da Fossanova, riconferma la locazione enfiteutica del castello di Frosinone a 45 condomini di esso.

In quest’atto si afferma che la concessione viene fatta «a somiglianza di quelle già effettuate sotto Papa Giovanni IX e Pasquale II». In forza del rinvio a Papa Giovanni IX, - (Foto a destra) - giungiamo agli anni 898 - 900, quando regnò detto pontefice.
Il Kehr però, che ha riportato lo stesso atto nei suoi Regesti, dice, senza darne le ragioni, che non bisogna leggere Giovanni IX, ma Giovanni XIX -(Foto in basso a sinistra).

Accogliendo per il momento la correzione del Kehr, veniamo a trovarci negli anni 1024 - 1032. Resta pertanto assodato che già all’inizio del secolo XI la chiesa aveva concesso in locazione feudale Frosinone e quindi ne era già padrona. Bisogna pertanto convenire che Frosinone non passò alla chiesa nel secolo XIII, ma almeno due secoli prima.

Però c’è dell’altro.

Le già citate fonti, oltre a riportare la locazione del 5 settembre 1207 riportano anche l’atto con cui Ottone I il 13 febbraio 962 conferma la donazione dei suoi predecessori, ossia quelle di Ludovico il Pio, di Carlo Magno e del re Pipino. Si potrà ancora discutere su tali donazioni, ma: «E’ fuor di dubbio - scrive il Gregorovius - che Ottone imperatore come i suoi predecessori, desse al Papa un documento, in cui confermava tutti i diritti e i possessi della S. Sede».

Nel documento rilasciato da Ottone I si intende confermare il possesso e il diritto di disporre come avevano fatto i pontefici passati, su diverse terre e «similmente nelle parti di Campagna, Segni, Anagni, Ferentino, Alatri, Patrica, Frisulone con tutti i confini della Campagna». Dunque in forza di quest’altro documento ammesso e riportato dagli studiosi, è direttamente provato il possesso di Frosinone da parte della chiesa romana fin dal secolo X.

I rinvii che in esso vengono fatti si riferiscono, come indica il Le Cointe, alle conferme e donazioni precedenti, ossia a quella di Pipino a Papa Stefano II nel 755, di Carlo Magno nel 774, 781 e 787, oltre alle intimazioni del re Pipino al re longobardo Desiderio, negli anni 764 - 766 perché facesse restituire alla chiesa i beni usurpati dai duchi di Napoli e di Gaeta. La cronaca di Ceccano, inoltre, parla di una donazione effettuata nel 742.

Dunque anche nel secolo VIII Frosinone apparteneva alla chiesa romana.

Se fino a questo punto la documentazione è evidente, per risalire ancora più a monte è necessario battere un’altra via.

E’ risaputo che nelle invasioni germaniche e nelle incursioni effettuate da Goti e Longobardi nelle terre del dominio pontificio furono perpetrati incendi e distruzioni anche di archivi. Lo stesso continueranno a fare i saraceni per due secoli. Di fronte a tante rovine, come si doveva agire dopo il passaggio del ciclone? Non trovandosi più i titoli legali scritti, era necessario ricorrere all’istituto della testimonianza, per poter ricuperare i beni perduti o manomessi. Così fece Papa Nicolò I (858-867), quando riconfermò al monastero di Subiaco i beni che possedeva prima che i Saraceni incendiassero l’archivio.

Lo stesso metodo aveva adottato Carlo Magno - (immagine a destra) - quando confermò alla chiesa i territori che essa possedeva e di cui non poté esibire i titoli giuridici.

La sua prima conferma è del 6 aprile 774. «Il Liber Pontificalis afferma che il re e i suoi giudici non solo la confermarono, ma vollero che il notaio Eterio trascrivesse di bel nuovo il documento il quale con la firma del re e dei maggiorenti fu conservato dentro l’urna di S. Pietro».

Si sa che questo documento non è giunto fino a noi. Lo conosciamo da quanto riferisce il biografo di Papa Adriano I.

Nelle conferme e donazioni di Carlo Magno è inclusa la Campagna di Roma. «Manifestamente Carlo ebbe confermato quella donazione di Pipino che nella sua vera essenza ci è ignota... nel corso degli anni poi l’ebbe accresciuta con patrimoni e con redditi».

E’ di quest’epoca l’invenzione della celebre donazione costantiniana, per la quale il Papa sarebbe stato, non solo padrone dell’Italia, ma dell’Occidente. E’ un’invenzione spacciata fuori tra il 752- 777. La fantasia dell’autore però, per quanto abbia ingigantito le dimensioni, non inventò il nucleo vero e certo delle generose donazioni di Costantino.

Il Codice Carolino riporta una lettera di Adriano I -(Foto a sinistra) - a Carlo Magno dove si parla di donazioni costantiniane. Naturalmente, non di quelle inventate ed esagerate, ma di quelle vere e che in parte potevano essere provate con i registri e le lettere di S. Gregorio Magno, ancora esistenti. Il Duchesne ha provato che l’elenco di questi possessi fu un documento ufficiale annesso alla vita di S. Silvestro (314 + 335). Frosinone dunque, che entra in questo elenco, apparteneva alla chiesa ai tempi di Carlo Magno, ma da una data più antica, che risale ai tempi di Papa Silvestro.

Il Marchetti Longhi mette sotto la nostra riflessione che nel secolo VIII si parlava di Ducato Romano - (Foto a destra) - con le città di confine Arpino, Arce, Aquino e reclamate da Pp. Adriano dai Longobardi che l’avevano occupate. Il reclamo però è fatto «non in nome della Chiesa, ma in quello dell’impero».

Questo linguaggio ci deve far ricordare che la Chiesa possedeva le terre o per donazioni imperiali, o per donazioni private. Le prime si chiamavano patrimonio di Cesare, le altre patrimonio di S. Pietro. Orbene, poiché Adriano I rivendicava il patrimonio dell’Appia e quello Labicano, come anche quello di Campagna, in qualità di erede dell’Impero, è evidente concludere che la Chiesa aveva avute queste terre dall’Imperatore. Il Tomassetti, specialista in materia, fa rilevare che la nuova proprietà ecclesiastica nasceva «in forza della facoltà data da Costantino di legare beni in favore di essa (Cod. Thed. XVI, 2) e dello esempio, ch’egli stesso ne mostrava donando alle basiliche romane, fatte da lui costruire e ad altre chiese fondi cospicui del Patrimonium Caesaris, che... servirono a costruire il nuovo immenso Patrimonium della Chiesa romana».

Frosinone era colonia, quindi demanio di Cesare. Il suo passaggio nelle mani della Chiesa fu dunque più facile.

Perché non sembri strano il sostituirsi del Papa al posto dell’imperatore nel possesso di sì vasti fondi, bisogna rifarsi a quel contesto storico e tenere presenti diversi fattori. Oltre al prestigio del Cristianesimo per la sua missione di bene nella società, giuocava un forte ruolo la decadenza dell’impero e dei funzionari statali. «Dal III secolo in poi si sente parlare di vasti appezzamenti di terreno incolti in regioni notorialmente fertili. Le città si vanno assottigliando. Roma, che sotto i primi imperatori era sul milione, scende a meno di 50.000 nel secolo VI». In tale situazione e «Nel turbine delle trasmigrazioni barbariche il papato si acquistò meriti imperituri per il mantenimento dell’ordine e la salvaguardia della civiltà occidentale, e data la debolezza dell’impero romano di Occidente e più ancora dopo la sua caduta, fu quasi l’unico punto di appoggio e l’unico rifugio della popolazione italica gravemente oppressa». Il Troya, che ha compiuto uno studio fondamentale su quest’epoca, fornisce ampie e documentate informazioni sul convoglio dei fondi pubblici nelle mani della Chiesa e sull’incoraggiamento dato da Giustiniano.

In questo movimento di appoggio verso la Chiesa, Frosinone, come tante altre terre passò nelle sue mani e sotto la protezione morale di lei, ad opera dello stesso Cesare. Dato che, come abbiamo già notato prima, la basilica di S. Pietro di Roma è, fin dalla più remota antichità, proprietaria del Colle S. Pietro (oggi Prebenda) di Frosinone, noi pensiamo che ciò sia avvenuto in una delle donazioni costantiniane insieme a tutto il territorio dell’antica colonia imperiale frusinate.

Qui bisogna fare una distinzione. Un conto è il dominio prediale e un altro quello temporale. Il primo implica solo il possesso di un fondo per riscuotervi le prestazioni fiscali che prima andavano all’imperatore e che poi questi cedette alla Chiesa per la esplicazione della sua missione di bene nella società. Il dominio temporale invece implica giurisdizione politica.

Chiarito questo, bisogna dire che su Frosinone la Chiesa acquistò, prima il dominio prediale e poi quello temporale.

DOMINIO POLITICO

Qui è necessario rievocare l’evento che fece nascere, di fatto, anche il potere politico temporale della Chiesa, prima che le fosse riconosciuto, di diritto, da Carlo Magno.

L’evento è identico a quello che avviò la nascita della Repubblica di Venezia e l’indipendenza di quasi tutta l’Italia da Bisanzio. Esso è costituito dalla prima fase della lotta iconoclasta.

Nel 726 Leone III Isaurico pretese che fossero distrutte anche in Ttalia tutte le immagini sacre, come si era cominciato ad attuare in oriente. Era allora pontefice S. Gregorio II. Questi si rifiutò di seguire l’ordine imperiale e con lui tutti gli italiani. Leone Isaurico, per abbattere la resistenza papale, tentò più volte di far uccidere il pontefice, ma i romani seppero sempre sventarne le trame e mandarle a vuoto. Gli inviati imperiali furono, uno dopo l’altro, Basilio, comandante delle truppe, l’Esarca Paolo, Esilarato, duca di Napoli, e finalmente, il nuovo esarca Eutichio.

Le cose giunsero a tal punto che, a un certo momento, tutte le citta italiane insorsero contro Bisanzio -(immagine a sinistra). Ecco come viene rievocata questa vicenda dallo storico di Venezia, una delle città protagoniste: «Quando l’Italia tutta nel 726 reagì contro l’errore iconoclasta, che era offesa al sentimento della fede occidentale e a quello artistico, l’exercitus del Ducato, interprete e geloso custode della spiritualità indigena, tra la quale era nato e cresciuto, aderì al moto di ribellione esploso in tutte le circoscrizioni. L’eventualità che ne seguisse una secessione fu scongiurata dal pronto intervento del Pontefice, anima e guida del moto, desideroso di ottenere la correzione non la punizione dell’aberrante mente imperiale».

Abbiamo riportato questa lunga citazione, non solo perché la prima origine del potere temporale dei papi è identica a quella della repubblica di Venezia, ma anche perché il lettore possa notare come il Papa non voleva affatto lo sganciamento da Bisanzio e la nascita di un altro potere politico in Italia. Solo l’ostinatezza e la cecità del cesaropapista Leone III portarono a questo nuovo avvenimento. Gli storiografi di quell’epoca, da Varnefrido e Teofane ad Anastasio Biblioecario, ci hanno trasmesso come si svolsero le cose e come nacque il potere temporale della Chiesa. Gli scrittori posteriori lo hanno raccontato quasi con le stesse parole.

Le città, che poi furono di dominio pontificio, «rigettarono il tirannico impero di Leone - così il Sigonio — e con un giuramento solerme promisero di difendere sempre la vita del Papa e di obbedire a lui in ogni cosa. Così Roma e il Ducato Romano, per la nefanda eresia dei greci (allora si usava questo linguaggio), passò dalle loro mani a quelle del Papa. I paesi che emisero questo giuramento sono: Roma con tutti I suoi castelli... e nel Lazio: Segni, Anagni, Ferentino, Alatri, Patrica, Frosinone e Tivoli».

Frosinone pertanto, che fino a quella data era stato solo dominio prediale della Chiesa, tra il 726 - 731 passò liberamente anche sotto il dominio politico - temporale di essa, in virtù delle cieche vessazioni di Bisanzio, da una parte, e della libertà di coscienza, propugnata dall’altra.

Però i Papi continuarono ancora per molti anni a considerare gli imperatori quali sovrani supremi. Dopo la caduta definitiva del dominio bizantino col decreto del longobardo Astolfo del 4 luglio 751, i Papi dovettero prendere la tutela d’Italia contro l’ambizione Longobarda e, a un certo momento, rivolgersi ai Franchi per aiuto.

Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo

(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni)
- "Editrice Frusinate 1975"

Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.

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