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TERRA CIOCIARA: STORIA - URBANISTICA - FOLKLORE - AMBIENTE


NEL SECOLO DELLO SCISMA D'OCCIDENTE

"NEL PERIODO DELLA FORMAZIONE
DEL NUOVO STATO PONTIFICIO"

"LETTERA DEL CARD. SCARAMPO A CATERINA DI SERMONETA"

"ACCORDO PER I PASCOLI TRA FRUSINATI E ALATRESI"

"CASTELLO DI SELVA MOLLE (SELVA DEI MULI)"

"NEL PERIODO DELLA FORMAZIONE DEL NUOVO STATO PONTIFICIO"

Nel secolo xv si maturò il processo evolutivo dal sistema feudale allo Stato territoriale. «In luogo di baroni più o meno indipendenti e di altri grandi proprietari terrieri, nelle cui mani stava il potere effettivo e che lasciavano ben poche attribuzioni alla corona, subentrò una gerarchia unitaria di funzionari in stretta dipendenza dall’amministrazione centrale».

E’ questo il periodo della formazione dello Stato pontificio. Noi abbiamo adoperato questo termine con una certa improprietà, quando ce ne siamo serviti per indicare i domini della Chiesa nei secoli precedenti. Lo Stato pontificio inizia il suo processo con Martino V si forma sotto Alessandro VI ad opera del famigerato suo figlio Valentino e riceve la sua ultima forma da Sisto V.

Roma fra la fine del 1400 e la prima metà del '500Ecco per quanto riguarda Frosinone e provincia alcuni dati di questo processo verso lo stato centralizzato.

Il 2 dicembre 1417 Martino V, a meno di un mese dalla sua elezione, invia una lettera a tutti i Baroni dipendenti da lui per farli addivenire ad una tregua.

Il 9 aprile 1419 lo stesso pontefice promulga la famosa bolla «In Caena Domini». E’ un documento in cui si commminano diverse scomuniche. Una di queste colpisce «tutti coloro che o personalmente O per mezzo di altri, direttamente o indirettamente sotto qualsiasi titolo o pretesto, occupano, detengono, invadono, o scorrono ostilmento... le province di Campagna e Marittima»

Si tratta come ognuno vede di un energico provvedimento a difesa delle proprietà private e dei territori comunali contro le baldanzose conquiste o spedizioni dei signorotti.

Questa bolla viene poi riconfermata da Paolo II il 19 aprile 1470.

Il 1° febbario 1423 il pontefice promulga una costituzione abrogativa mediante la quale, allo scopo di portare ordine e pace, sospende ai baroni «tutte le esenzioni loro concesse e mette tutti sotto la giurisdizione del rettore o governatore della provincia».
Si noti anche, come segno di nuova strutturazione, che il capo della provincia comincia a chiamarsi, non più rettore ma governatore.

Questi sono alcuni degli atti di Martino V riguardanti il ricupero territoriale e politico delle terre della chiesa contro i ras che vi spadroneggiavano.

A lui fa seguito Eugenio IV che, per mezzo del già nominato Vitelleschi, spezza ogni resistenza e indebita occupazione. Poi, attraverso la spinta umanistica di Nicola V e Paolo II, si arriva a Sisto V, che in una bolla del 30 maggio 1478 inquadra i legati e i governatori delle province negli schemi già dati da Egidio Albornoz con le Costituzioni del 1 maggio 1357.

Siamo cosi arrivati all’epoca dell’ultima redazione degli statuti comunali di Frosinone di cui ci occuperemo nella parte seguente.
Prima però vogliamo riportare una lettera, sia perché vi è nominato Frosinone e sia perché può offrire al lettore un’idea delle lotte baronali a cui abbiamo accennato con i documenti citati.

"LETTERA DEL CARD. SCARAMPO A CATERINA DI SERMONETA"

E’ da premettere che Sezze e Sermoneta erano in lite da circa trecento e più anni per ragioni di confine territoriale. Ai tempi a cui si riferisce la lettera che stiamo riportando era signore di Sermoneta Onorato II Caetani, che aveva sposato Caterina Orsini. Lo Stato Pontificio era governato dal succesore ed emulo del Vitelleschi, cardinale Ludovico Scarampo da Padova. Questi aveva un debole per i signori di Sermoneta. Da ciò l’interessamento particolare tra loro e Sezze.

La lettera è del 3 gennaio 1461 e suona così: «Magnifica domina, commater nostra carissima, salutem. Avemo ricevuta vostra lettera et inteso quanto scrivete. Vi rispondemo. Et primo, quanto alla parte che, per altre volte ci abbiate scritto et sollecitato che si desse qualche modo alla confirmazione della tregua tra voi e sezesi, et che non abbiate mai avuto risposta alcuna, ci meravigliamo assai, perché vi avemo risposto et in simile cose non è nostro costume usare negligenzia. Che siate desiderosa sentire qnalche conclusione, vi notifichiamo che, per nostra sollecitudine et opera, è stata spacciata (spedita), giovedì (1 genn.) matina, una bolla per via di commissione, per la quale si commette ad Jacomo Tolomei che sta ad Fresolone con meser Antonio< (Piccolomini) nepote della Santità de N.S., che dicta triegua se confermi per ciascuna della parte per un anno prossimo futuro. Sicché quanto ad questo, ce pare aver fatta sufficiente provvisione... Rome die III Janvarii MCCCCLXI».

"ACCORDO PER I PASCOLI TRA FRUSINATI E ALATRESI"

Abbiamo riportato la lettera del card. Scarampo per due motivi: perché vi è nominato Frosinone e perché ci aiuta a comprendere meglio una delle cause per cui le città e i paesi si facevano guerra tra loro. Vogliamo riferirci alle liti per i confini. Già abbiamo visto che Frosinone nel sec. XII litigò una volta con Veroli e due volte con Alatri. Più sotto riporteremo il breve di Leone X del 6 maggio 1513 e lì sentiremo parlare di una vertenza tra Ceccano e Frosinone per ragioni di confini. Dunque non si tratta di un fatto sporadico. Appunto per questo vogliamo ricordare che verso la metà di questo secolo ci fu un’altra contestazione tra i frusinati e gli alatresi. L’attrito si ebbe intorno ai campi destinati a pascolo. In un primo momento le due città avevano messo i detti campi in uso comune. Nel 1452 però si pensò a delimitare i confini. Successivamente gli alatresi concessero ai frusinati di poter usufruire del loro terreno per lo spazio di 10 anni.

"CASTELLO DI SELVA MOLLE (SELVA DEI MULI)"

Il nome di questo castello si incontra molte volte nei regesti pontifici e in altri fondi archivistici. Si potrebbe comporre una monografia, ma ciò esula dal nostro compito. Ne facciamo solo un cenno.

Panoramica della collina di Selva dei Muli - FrosinoneIl colle di Selva dei Muli è di origine vulcanica. Vi sono stati ritrovati reperti archeologici comprovanti la presenza umana nell’epoca Musteriana, nel Paleolitico superiore, nel Neolitico, nell’età del ferro e nell’epoca romana. Vi è stata scoperta una tomba romana, di cui ha fatto la descrizione il Vaglieri in «Not. Scavi», 1908, p. 250.

Nel Medioevo e al principio dell’età moderna aveva un ruolo importante e nevralgico, giacché «per la sua caratteristica geologica, è rimasto sempre il centro di controllo sulla rete stradale di tutta la valle».
La prova della sua importanza nel medioevo l’abbiamo sia nella accennata documentazione archivistica e sia perché vi si trovano «recinti murari di fortificazione, databili al medioevo».

Il Marchetti Longhi lo elenca tra i castelli di feudalità cittadina, come quello di Tecchiena. «Le più antiche menzioni del castello (Selva Molle) risalgono al 1100 - 1117 durante il pontificato di Pasquale II», ossia di quel papa che donò in feudo il territorio di Frosinone a un gruppo di condomini. Nel 1283 il card. Benedetto Caetani (che sarà papa col nome di Bonifacio VIII) comprò una parte del territorio di Selva Molle da Nicola di Pietro.

Parlando di Antonio da Pontedera abbiamo ricordato che questi fece alleanza con i signori di Valmontone Alto e Grato. Orbene, ora dobbiamo aggiungere che questi due Conti, nel 1437, avevano invaso il territorio di Selva Molle, impossessandosene di una metà.
Dopo di loro era sottentrato anche il fratello Giovanni Conti, arcivescovo di Conza, in provincia di Avellino.
I tre nominati fratelli Caetani dovettero adire alle vie legali per rientrare in possesso del castello. Infatti il 5 luglio 1458 «Gaspare da Teano, uditore apostolico, ad istanza di Nardello, Antonio e Angelella Caetani, figli di Facio (Fazio) Caetani da Frosinone, chiude una lunga vertenza di scomunica contro Giovarmi Conti, arcivescovo di Conza che, insieme ai fratelli, aveva usurpato loro la metà della tenuta del castello diruto di Lice, detto Selvamolle.

Si vede bene però che non fu ricostruito, giacché «nel 1482 il castello è detto castrum dirutum e restituito da Sisto IV a Giacinto Conti».

Non sappiamo fino a quando lo ebbe in mano questa famiglia. Si sa che nel ‘700 apparteneva alla certosa di Trisulti, a cui sottentrò la famiglia Berardi. Dal prospetto catastale compilato nel 1781, e che pubblicheremo a suo luogo, si può avere un quadro dello stato terriero in quel secolo di questo ex castello medioevale.

Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo

(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni)
- "Editrice Frusinate 1975"

Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.

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