LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE CULTURALE: AMBIENTE, NATURA, TREKKING, HIKING - VELLUTO SOTTO I PIEDI


IL Gruppo Culturale parrocchiale
presenta:
"monti, sentieri ed itinerari escursionistici"

LA MONTAGNA... AMATELA

"Vieni mio diletto, usciamo alla campagna, pernottiamo nei villaggi;
di buon mattino andremo nei vigneti, vedremo se gemma la vite;
se sbocciano i fiori, se fioriscono i melograni: là ti darò i miei amori"
(CANTICO DEI CANTICI 7,11-13),

Camminare su un tappeto di foglie, aggirarsi fra gli alberi del bosco, respirare l'odore benefico del muschio, riempire i propri polmoni di ossigeno, lontani dal frastuono delle città: Finalmente liberi!!!

Liberi dal condizionamento delle scrivanie, dal rombo dei motori e dai gas di scarico.
E' sorprendente scoprire l'attrazione che esercita la montagna, il silenzio del bosco, il rumore dell'acqua che gorgoglia fra le rocce e il profumo dei fiori.

Invisibile e muto. Questo è il profumo dei fiori. Il profumo parla direttamente alle nostre emozioni; anche se non riusciamo a concretizzarlo ai nostri occhi, assimilandolo ad una cosa o, almeno, ad un'immagine che ne sia la rappresentazione.

Descriverlo è altrettanto impossibile: nel linguaggio non ci sono termini astratti per raccontare un profumo, come invece è possibile fare, ad esempio, per esprimere una forma o un sapore.
Eppure, il profumo ha il potere di scatenare in noi sensazioni uniche, devastanti, più forti in assoluto di quelle prodotte dalla vista e dal tatto.
Per questo, durante le nostre escursioni occorre, ad esempio, rispettare i fiori, il muschio, il bosco e tutto il «regno vegetale».

I profumi sono il ponte fra il corpo e l'anima. I padri giapponesi, si dice, davano ai figli «lezioni di profumi». Anche noi dobbiamo tornare a percepire il profumo del bucaneve, della primula dai sentori leggerissimi, il canto spietato delle violette.

Chissà come era il profumo dei boschi antichi, che sono scomparsi, di cui restano solo i racconti; chissà quanti fiori e profumi si perdono oggi nell'olocausto della foresta amazzonica.

Anche bere a un fontanile dimenticato, di cui solo poche persone ricordano le vestigia deve attrarre la nostra attenzione.
L'esodo delle popolazioni locali, per cercare altrove esistenze più agiate, ha molto spesso determinato l'abbandono dei monti, dei sentieri, degli alpeggi, delle case. Interi villaggi montani sono ora pietre abbandonate. Orme fossili nel paesaggio, prive di dialogo. Pietre che hanno perso il rapporto originario con l’uomo. Pietre mute che però mantengono inalterato il fascino della loro cultura contadina.

Se abbiamo l'occasione di soffermarci fra quelle pietre possiamo ancora ascoltarne il suono, accorgerci che trasmettono ancora l’eco dei bambini in corsa, le voci delle genti che le abitarono, le preghiere dei pellegrini che vi sostarono. Se siamo capaci di permearci maggiormente con queste pietre possiamo percepire anche i segni della fatica, l'ansimare, i sospiri delle donne e degli uomini che salutavano il giorno con il loro lavoro e che aspettavano la notte per i loro amori.

Durante le nostre escursioni, spesso incontriamo solo vecchi al lavoro, vecchi al limite del bosco, curvi sotto un carico di legna appena tagliata, vecchi incuriositi dalla nostra presenza. Spesso basta un semplice saluto e ci viene chiesto: «...da quale paese venite?»

I vecchi si allontanano silenziosi e visibilmente increduli, probabilmente vanno rimuginando nella loro mente: «Italiani che camminano? Ancora pochi!».

Gli italiani camminano poco, questo, purtroppo, è un dato di fatto, e non ascoltano più le voci del bosco, il fruscio del vento fra le cime dei monti. Lo spazio esterno alle nostre case, alla nostra città, non viene più vissuto dall'uomo moderno, dalle donne e dai giovani. E cosa ancora più grave è che non viene considerato come un bene proprio.
Il bosco, organismo vivente che ha sfamato una moltitudine di nonni, viene sistematicamente abbandonato, anzi brutalizzato dalle nuove generazioni.

Contro il nostro patrimonio ambientale e faunistico vengono perpetrate attività illecite: scarico abusivo e abbandono dei rifiuti, bracconaggio, taglio e incendio doloso.
Se bruciasse la nostra casa, la nostra automobile, grande sarebbe la nostra frustrazione, il nostro animo sarebbe disperato. Osservando un bosco in fiamme non un pensiero viene rivolto agli animali che vi dimorano, nessun senso di privazione tocca il nostro animo.
Questo modo di essere non si concilia e non ci armonizza con la parola «uomini».

Mangiare un panino all'ombra di un faggio è nutrimento per il nostro corpo. L'occhio che abbraccia e scruta lo spazio terso dei nostri monti è nutrimento per la nostra anima e conforto per lo spirito. L'incontro con una creatura del bosco, pur raro: un folletto, un leprotto, il frullare delle ali di un falco, un fiore, determina emozioni uniche. Tanto più si sale in alto, tanto più ci eleviamo interiormente, tanta più fatica si compie nel raggiungere la meta, tanto più ci sentiamo felici, leggeri, forti. E' lo stare forse più vicino alle stelle, per chi alle stelle crede.

Una volta, con mia moglie e il nostro cagnolino, abbiamo osservato i gabbiani che si erano posati nel gran silenzio della spiaggia deserta di Torremezzo di Falconara.

Erano centinaia. Forse si stavano riposando, scaldati da un rosso tramonto. Mi sono avvicinato lentamente, attratto dalla loro bellezza, mi sono trovato in piedi, davanti alla grande tribù dei gabbiani.

In modo istintivo ho allargato piano piano le braccia, alzandole per poi abbassarle, lentamente, molto lentamente, come fossero ali, cercando di imitare il movimento dolce e ritmato, delle loro ali in volo.

E' bastato questo per diventare uno di loro. Spinti da chissà quale istinto lontano, i gabbiani hanno captato il segnale, hanno fatto come avevo fatto io, hanno aperto le ali, proprio come avevo fatto io e sono volati via tutti. Tutti insieme.
In cielo hanno disegnato una lunga ed elegante nuvola bianca. Nessuno di loro era rimasto sulla spiaggia. Solo io sono rimasto lì. Io con le braccia aperte, i piedi nella sabbia e lo sguardo sorpreso. Solo io, perché io non sapevo volare. Penso che anche il nostro cagnolino lo abbia capito.

Redatto dalla Commissione Culturale - V.P. giugno 2008

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