LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE CULTURALE: AMBIENTE, NATURA, TREKKING, HIKING - VELLUTO SOTTO I PIEDI


IL PERCHE' DI UN EREMO

Uomo e ambiente: una cultura maestra nei nostri Appennini

Premetto che ogni volta che è stata offerta al Gruppo Culturale l'occasione di intervenire in qualche discussione, le cui tematiche riguardavano il rapporto dell'uomo con l'ambiente, pur non appartenendo a gruppi ambientalisti, ma semplicemente come uomini e donne, abbiamo sempre esposto le nostre convinzioni e la nostra identità culturale, favorevole al verde.

Per onestà intellettuale riconosciamo che inevitabilmente anche i nostri interlocutori convengono che stiamo perdendo l'armonia che ci unisce all'ambiente che ci ospita.
Sempre più spesso troviamo difficoltà nel metterci in ascolto della Parola di Dio e della Parola dell'Uomo, che il creato lo hanno messo a nostra disposizione.

A volte, è molto difficile nel caos delle nostre città concentrarsi nel silenzio interiore.
Anche se cerchiamo il silenzio, viviamo un silenzio solo esteriore, perchè dentro di noi viviamo nel tumulto delle grandi discussioni. Quello delle grandi passioni: lotte per raggiungere le mete prefissate, lotte per primeggiare, combattiamo nelle immaginarie discussioni con gli amici e colleghi ed anche con noi stessi. Tutto affolla i nostri pensieri.
E’ quindi necessario calmare la nostra anima, non tenerla occupata con cose troppo grandi o troppo meravigliose.

Il silenzio si conquista capendo che per le nostre preoccupazioni non possiamo fare molto. Stare in silenzio significa lasciare a Dio ciò che è oltre la nostra portata e la nostra capacità. Un momento di silenzio può essere anche una piccola frazione di tempo, una sosta santa, un riposo sabbatico, una tregua dalle preoccupazioni.

Il tumulto dei nostri pensieri può essere paragonato alla tempesta che colpisce la barca dei discepoli sul mare di Galilea, mentre Gesù stava dormendo. Come loro possiamo sentirci senza aiuto, pieni di ansietà ed incapaci di calmarci. Ma Cristo è abile nel venire in nostro aiuto. Come rimprovera il vento e il mare e “ci fu una grande calma”, egli può anche donare calma al nostro cuore quando è agitato dalla paura e dalle preoccupazioni. (Marco 4, 38-40)

Rimanendo nel silenzio, confidiamo e speriamo in Dio. Un salmo ci suggerisce che il silenzio è perfino una forma di lode. Siamo soliti leggere all’inizio del Salmo 65: “A te si deve lode, o Dio”. Questa traduzione segue il testo greco, ma effettivamente il testo ebraico dice: “Il silenzio è lode a te, o Dio”. Quando le parole ed i pensieri si fermano, Dio è lodato in un silenzio di stupore e ammirazione.

Per questo motivo, per questi viaggi, è stato privilegiato il silenzio. Il silenzio, non come privazione del suono, ma come strumento fondamentale per l'ascolto. Dunque una condizione di vita che avverte l'eloquenza del silenzio, custodito da luoghi che lo garantiscono e che possiamo definire “i luoghi del silenzio”.

Ma esistono e dove trovare questi ambienti? Certamente esistono e ne abbiamo tanti; sorti nella verde e lussureggiante Ciociaria, nel silenzio dell'Appennino, dei suoi boschi, delle sue foreste, dei suoi anfratti e dei suoi valichi.

Il fascino offerto dalle pendici dei nostri monti ha permesso la fioritura di una straordinaria costellazione di monasteri ed eremi. La bellezza dei boschi e le naturali ambientazioni panoramiche hanno determinato la condizione per diventare il luogo naturale dove si colloca il silenzio monastico: posti dove si ha la sensazione di vivere in un tempo senza tempo.

L’armonia del creato sottolinea l'ottica con la quale i monaci guardavano alla foresta, a quella loro foresta che veniva custodita e coltivata e cresceva con loro ed era parte integrante della loro vita ascetica, affinché "della solitudine dell'eremo et sequestrazione delle celle” si realizzasse la perfetta unione con Dio.

Le parole "custodire e coltivare" sono le stesse con le quali, nel libro della Genesi (2, 15), il Creatore affida all'uomo la terra: "Lo pose nel giardino perché lo custodisse e lo coltivasse".

Un ascolto che diventa cultura. Ovviamente, i monaci, gli eremiti e gli anacoreti, non si occupavano di ecologia ma di teologia. Ad essi non interessava come preservare le foreste per se stesse, ma ad essi interessava come farle vivere in comunione armonica con essi stessi in quanto uomini. Uomini consapevoli di essere depositari di un progetto divino da portare a compimento con tutte le altre creature.

Si arriva così ad una reciprocità sorprendente ed esistenzialmente avvertita: i monaci custodivano la foresta che li custodiva. I monaci garantivano la vita alla foresta la quale garantiva ai monaci il silenzio di cui avevano bisogno per poter ascoltare la Parola di Dio.

Una profondo senso spirituale e una grande sensibilità nel rapporto di ascolto fra gli uomini e il loro habitat.

Per noi osservatori esterni, la sensazione che si prova nel visitare questi luoghi è quella che i boschi non sono stati considerati come reperti naturalistici, come oggetti da museo, ma sono stati considerati semplicemente dei "compagni di viaggio". Con questa ottica culturale e spirituale i monaci sono stati bravi nel preservare ambienti vitali, trasferendoli a noi, con tutta la loro bellezza.

Cosa non semplice, perché i boschi sono forme esistenziali e vitali dinamiche come dinamica ed elettrizzante è la storia dell'uomo loro custode, un custode della vita appunto perché servitore di vita.

Per la Commissione Culturale - Vincenzo PAPETTI

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