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IL SANTUARIO, FRA ARTE, FEDEHE E LINEAMENTI STORICI


L'OCCUPAZIONE FRANCESE
E LE SUE CONSEGUENZE

Il 9 febbraio 1798 il generale Berthier entrò a Roma; il 15 vi fu proclamata la Repubblica Romana e il 20 il Papa ne uscì per andare in esilio e andare a morire prigioniero a Valence, in Francia, il 29 agosto 1799. Fu console di questa Repubblica, nella seconda fase, il frusinate Giacomo De Matthaeis, padre di Giuseppe, l’autore del Saggio Istorico di Frosinone.

Appena proclamata la Repubblica in Roma, vennero a Frosinone i tre commissari Paolo Giustiniani, Nicola Riva Andreotti e Francesco Saverio Ambrosi. Il 19 febbraio 1798 fu innalzato l’albero della libertà.
In questa circostanza ebbe luogo un episodio che non deve essere passato sotto silenzio, perché torna a gloria del popolo frusinate - (illustrazione a sinistra).

Per esaltare il significato dell’albero della libertà l’illustre concittadino Luigi Angeloni, che proprio allora entrava nell’arena politica, pronunziò un bellissimo discorso. Ma esso era elegante e poco accessibile alla comprensione dei contadini di Frosinone. Allora salì sul podio un popolano e arringò i presenti, esclamando: «Due alberi rispettabili io conosco: quello della Croce, là nel Calvario, e questo della Libertà fra noi. Cittadini, adoriamolo».
Il Tancredi che lo riferisce aggiunge che a queste espressioni «ne nacque un furore di entusiasmo».

A noi sembra che i meriti patriottici che acquisteranno in seguito i frusinati debbono rifarsi a questo grido dell’«umile milite ignoto».
Non potevamo quindi tacerlo.

L'INSURREZIONE E REPRESSIONE DEL 26 LUGLIO - 2 AGOSTO 1798

Dopo che fu innalzato l’albero della libertà «vennero gli ordini di requisizioni fitti come la grandine. Ori e argenti delle nostre chiese riempivano di continuo i sacchi delle sussistenze francesi, la certosa di Trisulti fu letteralmente svuotata... il contegno dei vescovi fu veramente esemplare» - (immagine simbolo, albero libertà).

Di fronte ai sacrilegi e spogliazioni che i francesi perpetravano per la liberazione dalle catene della schiavitù, il popolo di Frosinone il 26 luglio, al grido di «Viva Maria», attaccò i liberali e la guarnigione e li disperse.

Ma giunse subito e tremenda la repressione di Girardon Mac-Donald. Vi furono giustiziati «Camillo De Matthaeis, Bernardino Mazzocchi, Francesco e Angelo M. Sodani, Domenico Forte, Stanislao Ciceroni, Adriano Sperandio, Luigi Colucci, Carlo Roma, Cesare Alessandri».

A Luigi Angeloni «la soldatesca gli scannò lo zio materno Leopoldo Conti, vecchio di 84 anni e giacente infermo, rovinò di percosse la sorella e la madre, spogliò due case e il fondaco e portò via quanto denaro trovò».
Il De Matthaeis, che scrisse 18 anni dopo questi luttuosi eventi, di cui era stato spettatore, si è espresso così: «(Frosinone) ne piange ancora i massacri».

In una relazione del Colasanti è detto che furono bruciate 97 case, le chiese saccheggiate e adibite a quartieri di soldati e il 5 agosto 1798, festa della Madonna della Neve, invece di calice nella messa si adoperò il bicchiere - (Immagine simbolo per Frosinone: il Generale Championnet).

Tratto dall'archivio Vesc. Ver., Rel. 1866, Frosinone.
In tema di occupazione francese, ci piace riportare questa memoria di D. Sebastiano Bellicampi, da Alatri: «5 Agosto 1799.

Nel gran campo di fiera nella Madonna della Neve all’improvviso Si è sparso che giungevano grandi schiere francesi. Subito uno confusione incredibile. Fuggi qua, fuggi là; mercanzie, bestiami e moltissimo altra roba è rimasta abbandonata sul campo.

Scoperta falsa la voce, ciascuno è tornato al suo posto, ma non si è trovato più nulla. La brutta notizia si è divulgata appunto per spargere il panico e far bottino a spese dei creduli.

Padre Ignazio BARBAGALLO Agostiniano Scalzo

(FROSINONE - Lineamenti storici dalle origini ai nostri giorni)
- "Editrice Frusinate 1975"

Per le citazioni storiche, la bibliografia ed altro, si rimanda ad una consultazione diretta dell'opera.

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