TERRA CIOCIARA: LE VICENDE STORICHE, RELIGIOSE, POLITICHE E SOCIALI


LUNGO IL FIUME COSA

"ASPETTI STORICI, PAESAGGISTICI ED AMBIENTALI"

I MULINI DEL FIUME COSA

Le vie del macinato e l'antica tecnologia dei mulini ad acqua.

Frammento della mappa gregoriana - sito mola vecchia con impianto di sbarramento del fiume in rosso - Frosinone - Archivio di Stato di FrosinoneLe acque del vecchio fiume, opportunamente regimentate dai nostri progenitori, hanno favorito anche la nascita di piccoli e grandi opifici per la molitura dei cereali e per la produzione di pellame e carta.

Ancora oggi restano documentati, lungo l'alto e il basso corso del fiume, i siti di molti mulini, concerie e cartiere.
Notoriamente, i mulini non inquinano perchè utilizzano solo l'energia idraulica per il loro funzionamento, però le vecchie concerie e le cartiere sono state deleterie per l'inquinamento prodotto lungo il corso del fiume, a causa dei materiali inquinanti che venivano rilasciati nell'acqua.
Recenti studi associano la macerazione degli "stracci" di stoffa che venivano utilizzati per produrre la carta come la causa scatenante della peste ottocentesca che ha decimato la popolazione di Frosinone e molte famiglie che vivevano lungo il Fiume Cosa.
Comunque, fra i mulini più importanti ricordiamo la Moletta, una delle prime lungo il corso del fiume nel territorio della nostra città; la Mola Nuova, nei pressi di De Matthaeis e la Mola Vecchia, nei pressi del Campo sportivo, l’unica ancora oggi in attività.

Fra gli impianti per la lavorazione dei cereali, che operavano lungo il fiume sin dalla seconda metà del 1800, annoveriamo anche i due mulini di Pietro Papetti, ubicati entrambi nei pressi della Stazione ferroviaria. Mentre i resti di alcune altre mole, di più piccole dimensioni, sono ancora visibili nel tratto finale del fiume, prima della confluenza nel Sacco.

A completamento del quadro relativo alle antiche mole, ne citiamo altre due, presenti nel territorio cittadino, sorte lungo il Rio Cannariccio, affluente del Cosa, gestite dai fratelli Vincenzo e Giovanni Papetti, un secondo “ramo” di una grande famiglia di mugnai, ubicate in località “la Botte" e "Brunella” rimaste in attività fin dopo la seconda guerra.
Mentre, una terza mola: la "Mola Bisleti", fra le più importanti del fiume Cosa, si trovava nel territorio di Alatri, nell'omonima contrada.

Frammento della cartografia della Mola Bisileti custodita presso l'Archivio di Stato di Frosinone Frammento della cartografia della Mola Bisileti custodita presso l'Archivio di Stato di Frosinone

Con l’occasione, cerchiamo di dare un’idea abbastanza precisa sul funzionamento di uno di questi mulini e lo facciamo dopo aver visitato "La Mola Vecchia" nel Rione Campo Sportivo, un mola antica ma oggi molto trasformata. Il mulino, anche se è stato profondamente rimaneggiato e ammodernato, conserva ancora alcune vecchie particolarità, visibili lungo il fiume ed al suo interno. Una struttura visitabile e presso la quale è possibile trovare della buona farina, specialmente quella gialla di granoturco: ottima per fare " polenta ", fragranti " falloni " e croccanti " cazzori ", preziosità oggi rarissime e riservate solo per i fortunati che ricordano le antiche ricette.

I mulini sono una istituzione antica e necessaria, sostenuti dalle istituzioni, tanto da essere diffusi ovunque vi fosse acqua e, per ubicare un mulino, occorreva scegliere un sito adatto e i siti adatti non erano molti lungo il corso di un fiume. Era necessario sfruttare i salti di quota, dove la velocità dell'acqua era più elevata, mentre in pianura occorreza alzare la quota dell'acqua con la costruzione di uno sbarramento, capace di imbrigliare il fiume, una sorta di “muraglione” tale da formare una piccola diga che permetteva l'accumulo di una sensibile riserva d’acqua da utilizzare per la macina.

Frammenti cartografici del 1881 - alcune antiche mole sorte lungo il fiume

L’acqua accumulata all'interno dello sbarramento veniva rilasciata attraverso una prima serie di chiuse verticali denominate "parate". Il flusso d'acqua, percorreva una roggia elevata a cielo aperto per essere convogliata e lasciata precipitare nel mulino e, quindi, azionare le mole.

Un'ultima serie di chiuse supplementari, denominate “portelle”, graduavano ulteriormente l'afflusso dell'acqua per mantenere costante la velocità delle mole in rotazione.

Opera di canalizzazione dell'acqua Ruota in pietra per la molitura delle granaglie

Una rotazione costante e controllata evitava, specialmente nei periodi di piena, la rottura del mulino stesso, assemblato in larga misura con assi ricavati dai tronchi degli alberi essiccati, da tavolame per la costruzione dei piani di scorrimento e ferro dolce per ricavarne ingranaggi ed elementi rotanti.

Pentolame in terra cotta delle nostre nonne - Pignate e stufaroli utilizzate oggi come vasi per fioriQuesta enorme quantità di componenti veniva assemblata prevalentemente con chiodi e "Pezzùche" paletti in legno inseriti a spina fra i vari elementi.

L’energia idraulica, opportunamente dosata attraverso le chiuse, evitava lo stress dei materiali, imprimendo alle mole un regime di rotazione fluido e costante, capace di garantire, nel contempo, anche una buona qualità del macinato.

In effetti, il Fiume Cosa ha sempre avuto la caratteristica di variare, anche in maniera sensibile, la portata dell’acqua con l’avvicendarsi delle stagioni. Per questo motivo i mulini venivano realizzati con la ruota motrice orizzontale che, di fatto, permetteva di far funzionare il meccanismo anche con una portata d’acqua limitata e quindi, questi impianti, ben si adattavano ad essere realizzati anche lungo i torrenti e i flussi d’acqua minori.

Il sistema, progettato in maniera molto semplice, metteva in movimento una coppia di macine in pietra dello spessore di circa 20 cm. cerchiate in ferro e montate su un asse verticale a rotore diretto che eliminava gli ingranaggi e richiedeva “rotismi” semplici ed elementari.

Pentolame in terra cotta delle nostre nonne - Pignate e stufaroli utilizzate oggi come vasi per fioriCon questo sistema di molitura, le granaglie venivano versate dentro una tramoggia. La tramoggia, sostanzialmente, è una cassa di legno a forma di piramide rovesciata, trattenuta in alto da una incastellatura con una "bocca d'uscita" posizionata opportunamente sopra le mole.
I chicchi di grano, sospinti dalla gravità e dalle vibrazioni delle incastellature, uscivano dalla tramoggia e per rotolamento percorrevano una breve condotta di tavole, inclinata verso il basso, che li convogliava “nell’occhio" della mola: ovvero il centro della macina superiore.

L'esperienza dei mugnai per ottenere un buon macinato era fondamentale, opportune leve a sportello, sempre di legno, consentivano di variare il flusso delle sementi. La discesa del grano dalla tramoggia veniva regolata dai mugnai che sapevano ben valutare il regime di rotazione che l’acqua imprimeva alle macine ma anche il grado di umidità relativa delle sementi.
Aprendo più o meno lo sportellino che fungeva da ”valvola di scarico”, posto sotto la tramoggia, si evitava un eccessivo invio di semi ma anche il riscaldamento e la conseguente bruciatura del macinato che poteva compromettere la qualità delle farine.

Pentolame in terra cotta delle nostre nonne - Pignate e stufaroli utilizzate oggi come vasi per fioriLa macina, realizzata con pietra molto dura, triturava le granaglie per sfregamento, mentre la forza centrifuga spostava i chicchi di grano triturati verso l’esterno trasformandoli in farina. Le macine potevano essere sollevate di alcuni millimetri per adattarle alla frantumazione del grano o del granoturco.

Sulla superficie della macina che entrava in contatto con le granaglie, venivano incise con un martello bipenna, una complessa serie di scanalature, più o meno profonde, sia per diminuire la superficie lavorante e sia per diminuire il calore prodotto dall’attrito.

Una prima serie di più profonde scanalature veniva realizzata a raggiera. Queste avevano lo scopo di facilitare l'ingresso dell'aria fra i dischi di pietra per smaltire il calore prodotto dallo sfregamento delle granaglie contro la superficie della mola.
L'ingresso dell'aria oltre a garantire il raffreddamento della macina raffreddava anche i grani triturati.
Una seconda e più complessa serie di scanalature, più superficiali e con andamento semicircolare, aveva il compito di triturare e smembrare le cariossidi e di permettere una più agevole fuoriuscita della farina verso l'esterno della macina.

Pentolame in terra cotta delle nostre nonne - Pignate e stufaroli utilizzate oggi come vasi per fioriTutto il sistema di frantumazione veniva protetto con una struttura circolare in tavolette legno. Il rivestimento costruito intorno alle macine, impediva la dispersione del macinato che, per gravità, precipitava in una sorta di cassettone raccoglitore.
Attraverso una serie di rimandi, il grosso contenitore oscillava dolcemente su un piano orizzontale setacciando il derivato e separando la farina dalla crusca.

La preziosa farina, convogliata verso un bocchettone anteriore a sportello, veniva insaccata in grandi sacchi di juta per essere trasportata nelle abitazioni. In casa le nonne conservavano la farina all'interno delle "mastre". La crusca, ed altri residui della molitura, venivano raccolti in raccoglitori di legno secondari e destinati all'alimentazione degli animali domestici.

In generale, il sacco di juta, essenzialmente di natura vegetale, è stato largamente utilizzato per il trasporto delle granaglie a dorso dei somari e dei muli. L'uso del sacco di juta era talmente pratico, essenziale e standardizzato, da essere annoverato fra le "unità di misura".

Pentolame in terra cotta delle nostre nonne - Pignate e stufaroli utilizzate oggi come vasi per fioriI commercianti e i nostri nonni quando parlavano di un sacco di farina, di patate, di grano, di fagioli e di mais, avevano l'esatta cognizione del peso e del valore economico del contenuto.

Giunti al termine di questa breve narrazione, che ha toccato aspetti tecnici e pratici sulla storia dei mulini del Fiume Cosa, aggiungiamo una ulteriore considerazione finale: Il mulino, come tutte le macchine, era soggetto a continue revisioni e aggiustamenti. Aveva bisogno proprio di una accurata manutenzione in modo tale da risultare sempre in perfetta efficienza.

Essendo costruito prevalentemente in legno e pietra era molto frequente l’usura di alcune sue parti o lo sbilanciamento delle pesanti macine.

Ovviamente, l’elemento che richiedeva la maggiore cura da parte dell’uomo era la macina e i suoi assi di rotazione. Queste pietre in movomento, voluminose e pesanti, erano soggette allo sbilanciamento e all’erosione delle superfici. L'erosione delle superfici era la maggiore preoccupazione dei mugnai perchè comprometteva l'efficienza della mola.
Con lo sfregamento delle pietre veniva rilasciato il calcare triturato che si mescolava con la farina compromettendone la bontà e la genuinità.

Per questo motivo i contadini prenotavano il loro turno di macina, anche in funzione dei cicli di manutenzione, eseguiti prevalentemente dagli stessi proprietari dei mulini che per virtù o per necessità divenutavano anche bravi ed abili artigiani manutentori.

Frammento della cartografia gregoriana sito mola nuova con impianto di sbarramento del fiume in rosso - Frosinone - Archivio di Stato di Frosinone

5 agosto 2009 - Testo della Commissione Culturale Parrocchiale - Vincenzo Papetti

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