TERRA CIOCIARA: LE VICENDE STORICHE, RELIGIOSE, POLITICHE E SOCIALI


LUNGO IL FIUME COSA

"ASPETTI STORICI, PAESAGGISTICI ED AMBIENTALI"

IL CORSO DEL FIUME COSA

Proviamo a raccontare lo scorrere delle acque e lo scorrere della storia frusinate.

Abbazia di Trisulti, sullo sfonda la MonnaIniziamo con il dire che l'antico "Fiume Acquosa" nasce dal monte “La Monna” della catena dei Monti Ernici, prospiciente l’Abbazia di Trisulti, e precisamente da due sorgenti: Capo Cosa, ubicata a 1185 m. e Caporelle a quota 934 m. entrambi i rami ricadono nel territorio di Guarcino.

Il letto del fiume, nel tratto iniziale, si insinua fra le strette e profonde vallate del territorio di Guarcino, Collepardo e di Alatri.

Il fiume raggiunge il territorio di Frosinone al famoso “Ponte della Tenuta”: il confine storico che separa il territorio comunale di Veroli da quello di Frosinone.

Nel territorio frusinate, la morfologia del terreno cambia radicalmente, il terreno diventa pianeggiante e il fiume rallenta la sua corsa, gli argini delle sponde si abbassano e, in molti casi, si distanziano. Le acque del fiume, nel lento fluire, lambiscono le alture cittadine separando il centro storico dalla periferia, dove si sta sviluppando la città moderna.

Attraversato tutto il territorio di Frosinone il fiume entra nel Comune di Ceccano e conclude il suo "viaggio", dopo aver percorso circa 35 km, confluendo nel Fiume Sacco: l’antico “Trerus” romano.

Il corso del fiume Il corso del fiume

Nel territorio frusinate le sue sponde facilmente accessibili e guadabili, hanno favorito l'inizio del vivere secondo virtù: terreni fertili e pianeggianti, garantivano raccolti sicuri ed abbondanti.
L'acqua propiziava pascoli naturali, colture cerealicole e foraggiere per l'allevamento del bestiame; ovvero tutti gli ingredienti fondamentali per lo sviluppo dei primi insediamenti umani.

Frammento della mappa del Fiume Cosa anno ... Archivio di Stato di FrosinoneNel -(Saggio Istorico sull'Antichissima città di Frosinone nella Campagna di Roma)- di Giuseppe De Matthaeis edito nel 1816, al Capitolo II - pag. 31, viene descritto sia il carattere guerriero della nostra gente, ma anche l'attitudine e la cura che avevano nella coltivazione dei loro terreni; si legge:
«E si può pure aggiungere al guasto nato dalle guerre tra gli abitanti, e i Romani quello che vi cagionò Annibale coi suoi Affricani, quando mosso dalla Campania verso Roma, traversò la via Latina devastando i campi, e le città per dove passava, e specialmente quelli di Fregelle, di Frosinone, di Ferentino, e di Anagni, come attesta lo stesso Livio - "Hannibal infestius perpopulato agro Fregellano propter intercisos pontes, per Frusinatem, Ferentinatemque, et Anagninum agrum in Labicanum venit».
Scrive ancora il De Matthaeis: «...Debbono riferirsi alla medesima occasione del passaggio di Annibale per queste contrade i versi di Silio Italico allusivi a Frosinone, a cui dà il nobile, e meritato epiteto di "guerriero».

..."Fert concitus inde
per Juga celsa gradum, duris qua rupibus haeret
Bellator Frusino...
"

«...Nè già per poetico arbitrio, ma per verità, e per giustizia si dà da questo scrittore l'onorevole epiteto di guerriero a Frosinone; poichè anche allorquando egli indica le diverse genti d'Italia sotto le insegne Romane per andare a perire nei campi di Puglia alla famosa battaglia di Canne, nomina Frosinone colla medesima lode, e forse anche maggiore, annunziando atto alle armi non meno all'agricoltura.»

..."Hic Scaptia pubes
Hic Fabrateriae vulgus, nec monte nivoso
Descendens Atina aberat, detritaque bellis
Suessa, atque a duro Frusino haud imbellis
aratro
".

Leggendo ancora a pag. 34 del poemetto del De Matthaeis, emerge quanto segue:
«Pare ancora che il suolo di Frosinone fosse molto fertile e pingue, poiché, oltre l'elogio che ne fa Giovenale, Cicerone, che vi possideva un fondo, si raccomanda ad Attico nelle sue disgrazie, che non si venda, e che anzi si redima, potendogli esser utile né suoi bisogni "Accepi ab Isidoro literas et postea datas binas; ex proximis cognovi praedia non venisse; videbis ergo ut sustentetur partim de Frusinati; si modo futuri sumus, erit, mihi res opportuna". E poi ripete in altra lettera:"De fundo Frusinati redimendo jam pridem intellexisti voluntatem meam».

A quanto riportato dal De Matthaeis, possiamo ancora aggiungere che tutta la parte a valle della città è ricca di acque superficiali potabili e polle sorgive, in modo particolare nelle zone dove sono state rinvenute le tracce dell'antica presenza umana.

L'esposizione di queste tesi letterarie è sempre stata suffragata dal ritrovamento di molti reperti archeologici rinvenuti nel territorio cittadino, lungo il corso del fiume.

Ma i ritrovamenti avvenuti nella primavera-estate del 2005, presso Piazza De Matthaeis, ed altri avvenuti successivamente in Via Giacomo De Matthaeis, ancora una volta avvalorano la forte presenza volsca e romana in zona.

Gli scavi, pur interessando una piccola superficie di terreno, hanno fatto emergere una necropoli. Gli studiosi hanno trovato un gran numero di sepolture e recuperato centinaia di reperti di grande pregio.
Per un lungo periodo le gazzette locali hanno pubblicato ampi servizi sull'importanza storica e sulla qualità dei reperti. Sempre dai giornali abbiamo potuto apprendere che sono stati trovati numerosi vasi, olle, brocche ed anfore.

Ma le notizie più belle le abbiamo avute agli inizi di giugno dello stesso anno, quando è stato dato l'annuncio del ritrovamento di una tomba nella quale era stato sepolto un guerriero con le sue armi: una spada di ferro e, cosa rarissima, una lancia la cui punta era stata realizzata in legno. Una conservazione miracolosa, considerata la nota fragilità dei materiali legnosi e, soprattutto, perchè il ritrovamento è avvenuto a soli 50 cm. di profondità.

Anche il ritrovamento di un paio di calzari da donna, bordati di bronzo, ha fatto esultare i ricercatori: i reperti risalgono al V - VI secolo avanti Cristo.

Abbiamo più volte sottolineato il ruolo determinante dell'acqua nel favorire l'agricoltura e lo sviluppo degli insediamenti lungo il corso del fiume; ma non vanno dimenticati anche gli altri fattori che sono stati altrettanto decisivi e determinanti per la permanenza temporale e per il consolidamento degli insediamenti stessi.

Fra i tanti elementi che hanno concorso al consolidamento degli insediamenti non fu secondo il ruolo svolto dalle vie di comunicazione regionali che, proprio per la presenza dell'acqua, confluivano nella parte bassa della collina frusinate.

Nell'immaginario collettivo la Via Latina -( Casilina )- è sempre stata predominante per lo sviluppo del nostro territorio e questo è certamente vero, ma è anche vero che lo divenne dopo la nascita di Roma. Ma ancora prima degli eventi legati allo sviluppo storico di Roma, la strada più importante per il territorio era il tracciato che univa la costa tirrenica con l'entroterra laziale, ed attraverso il valico della Valle Roveto, i territori abruzzesi.

Le piste lungo la Via Latina e il fiume sacco Le piste lungo la Via Latina e il fiume sacco Le piste lungo la Via Latina e il fiume sacco

L'attuale Piazza De Matthaeis, fulcro dei ritrovamenti arcaici, doveva somigliare ad un caravanserraglio. Un polo per lo scambio delle merci e per il riposo delle persone e degli animali da trasporto. Un luogo dove trascorrere, in un'allegra babele di genti, qualche ora di ristoro prima di continuare il viaggio.

Nell'area di Piazzale De Matthaeis dovevano essere sorte anche delle botteghe artigiane dove era possibile riparare carri e finimenti, ferrare e foraggiare i cavalli, fornire attrezzature, assistenza e rifornimenti.

Lungo queste antichissime piste tirreniche si sviluppava il florido commercio della metallurgia. I preziosi metalli estratti nelle aree minerarie del Monte Meta venivano scambiati con il sale e le mercanzie che giungevano dai piccoli porti del Circeo.

Mappa dell'antica Provincia Terra di LavoroIl florido commercio dei minerali, che sicuramente venivano scambiati, con i prodotti agricoli, anche lungo le sponde del nostro fiume, aveva origine dallo sfruttamento delle miniere di ferro in "Terra di Lavoro": un fattore economico di fondamentale importanza per la gente ciociara e frusinate.
Fin dall’antichità, i Sanniti e prima ancora gli Etruschi e successivamente i Romani, avevano combattuto cruente e sanguinose battaglie per assicurarsi il possesso delle miniere di ferro dei monti della Meta.
Fu proprio la presenza del prezioso minerale che indusse gli Etruschi a giungere nel Lazio meridionale, per passare poi in Campania dove i prodotti in ferro trovavano florido mercato.

Scrive il Colasanti: «... La ricca zona mineraria del monte Meta costituì indubbiamente la ricchezza di Atina potens, la vetusta città che sorse ai suoi piedi e le cui officine per la lavorazione dei metalli furono rinomate nella remota antichità.»

Anche per questi fatti, l'espansione di Roma, ridimensionò nel sangue le aspirazioni di libertà dell'antica "Frusino" e ne chiuse il territorio in una morsa sociale e politica.
I romani potenziarono e rafforzarono gli insediamenti e i loro interessi strategici nel territorio frusinate, sia per sostenere il traffico militare diretto a Sud, sia per garantirsi la continuità delle importazioni che arrivavano dall'area flegrea.

Il dominio di Roma fu traumatico per il popolo dell'antica "Frusino" - Sempre nel "Saggio Istorico sull'antichissima città di Frosinone nella Campagna di Roma" di Giuseppe De Matthaeis, leggiamo:
« Anno 450 di Roma - Ridotto Frosinone all'infelice condizione di Prefettura, e Prefettura di seconda classe, i di cui Prefetti si sceglievano ogni anno ad arbitrio del Pretore Urbano, non è meraviglia, se molto decadesse dall'antico suo lustro, e se i suoi abitanti scemati di numero, e di valore poco figurassero nell'antica istoria.»

Via G. De Matthaeis - reperti delle terme romane - Frosinone Via G. De Matthaeis - reperti delle terme romane - Frosinone

Sotto il dominio di Roma che velocemente espandeva i suoi confini nell'Italia peninsulare e verso l'Africa, fra gli acquartieramenti e i magazzini dell'attuale Rione De Matthaeis venne eretto un anfiteatro e, sulla base dei recentissimi ritrivamenti archeologici, anche un vasto impianto termale, testimoni, fra le tante difficoltà, del ruolo di emancipazione che seppe raggiungere la provincia frusinate e il livello sociale raggiunto dai suoi cittadini.

Questi servizi non si realizzano a caso, sulla base di un capriccio: evidentemente i costumi si erano evoluti e le esigenze dei residenti erano più raffinate. Mercanti e residenti "avevano da spendere" anche per la cura del loro corpo e per i loro divertimenti.

Ancora una considerazione deve essere effettuata sul ruolo determinante svolto dalle vie di comunicazione territoriali per lo sviluppo dell'antica "Frusino".
Osservando una qualsiasi mappa topografia del territorio a Sud di Roma, emerge che la "Via Latina" rappresentava l'asse portante di tutto il sistema viario della regione: con il suo sviluppo lungo la direttrice longitudinale della Valle del Sacco, la consolare casilina, sostanzialmente pianeggiante, collegava da Nord a Sud i territori ciociari: attraversava alcune antiche cittadine, arroccate a mezza costa sulla catena dei Lepini, era abbastanza agevole da percorrere e i romani la mantenevano in perfetta efficienza.

Ben più complicata doveva essere invece la percorrenza delle strade trasversali che univano l'Ovest con l'Est. Doveva risultare molto più ostico superare i valichi della catena dei Monti Lepini e quella successiva dei Monti Ernici.

Dalla piana della regione "Marittima" e dalle zone "malsane" delle paludi pontine, partivano diverse piste che si riunivano nel territorio di Priverno.
Alcune di queste piste, dopo aver fiancheggiato il Fiume Amaseno, salivano verso Prossedi, Giuliano di Roma, fino al valico della Palombara per poi scendere nella Valle del Sacco.
Attraversata la Valle, nell'area di Frosinone, la strada proseguiva lungo i costoni di Veroli e le asperità del territorio di "Bauco" per scendere, successivamente, nella piana di Sora e perdersi nell'entroterra laziale.

Valico dei Monti Lepini - Palombara - Frosinone Valico dei Monti Lepini - Palombara - Frosinone

La qualità delle strade non era eccellente e, con il tramonto dell'impero romano, certamente non migliorarono nel corso dei secoli. I disagi dovevano essere notevoli anche in epoca più tarda. La lapide presente sulla facciata del convento degli Agostiniani scalzi, affissa in occasione della una visita che papa Benedetto XIII effettuò al santuario della Madonna della Neve, così recita:

"Benedetto XIII Pontefice Massimo
dell'Ordine dei Predicatori
di ritorno da Benevento
il 21 maggio dell'anno 1727
questo convento della Madonna della Neve
rese celebre con la sua presenza
e nel giorno della festa dell'Ascensione del Signore...

...Il giorno dopo per la strada prima sconnessa e impervia
ma subito spianata e resa carregiabile
entrò
nel marchesato di Prossedi
mai prima onorato da maggiore evento...
"

Comunque, anche in epoca molta più recente, prima della seconda guerra mondiale, il viaggio per "le paludi" non era facile; alcune "osterie", sparse lungo la via del mare, assicuravano ospitalità e conforto ai carrettieri ciociari che mercanteggiavano con l'area pontina; fra tutte "le tre sorelle" e i "tre moschetti".

La foresta pontina, come doveva apparire prima della bonifica La foresta pontina, strada in terra battuta

Tornando ai nostri antichi progenitori; lasciata l'area frusinate, dopo essersi riposati ed aver rigenerato gli animali da tiro, partivano prevalentemente in direzione di Veroli, attraversato il passo di "Scannacapra" procedevano verso l'Abruzzo, transitando per la piana di Sora.

Forse questo era veramente il tratto di strada più ostico se in un documento del 28 dicembre 1227, troviamo la preziosa notizia della costruzione di un "nosocomium" un pò discosto dal monastero di Casamari.
L'abate del tempo fece acquistare nella contrada Scannacapra, un terreno «ad utilitatem infirmariae quae est posita attibus lateribus infra terras Casaemarii» ovvero per la costruzione di un ospedale ubicato a tre leghe fra i possessi di Casamari.

Questa testimonianza è molto interessante, poiché avvalora la tesi che in Casamari esisteva una tradizione di assistenza agli infermi fin dalla sua fondazione; tradizione particolarmente legata alla Regola di san Benedetto, la quale, al capitolo XXXVI, precisa:
«Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est, ut sicut revera Christo, ita eis serviatur... Ergo cura maxima sit Abbati ne aliquam negligentiam patiantur" -(Degl'infermi si deve aver cura prima di tutto e a preferenza d'ogni altra cosa, sicché davvero si serva a loro come a Cristo in persona...) »

Se le necessità intorno al 1200 richiedevano la costruzione di un "ospitale" con almeno un "monachus infirmarius" al quale veniva affidato "l'armarium pigmentariorum", l'assegnazione e, il più delle volte, anche la somministrazione dei medicamenti a base di erbe, è facile immaginare le condizioni che i viandanti erano costretti ad affrontare nei secoli precedenti, specialmente nella cattiva stagione.

10 ottobre 2008 - Testo della Commissione Culturale Parrocchiale - Vincenzo Papetti

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