TERRA CIOCIARA: LE VICENDE STORICHE, POLITICHE E SOCIALI


Le origini del santuario: Nascita della cona

E’ noto come nei secoli non troppo lontani nel nostro territorio fosse molto diffusa la piaga del brigantaggio.

Le condizioni precarie della gente, una povertà generalizzata e le prepotenze delle famiglie nobili, unitamente alla difficoltà nell’applicare la giustizia, favorivano questa radicale forma di protesta: un modo di farsi giustizia da sé ma che inevitabilmente sfociava in forme ancora più violente di ingiustizia.

Come spesso accade, anche in epoca moderna, molti briganti di quel tempo, costituivano la mano forte ed occulta delle famiglie nobili che facevano sentire così il loro potere; altre volte, per spirito di sopravvivenza, gli stessi briganti improvvisavano agguati contro i viandanti, puntualmente derubati e percossi, durante i loro avventurosi viaggi in diligenza.

Ma non si fermavano qui le loro malefatte. Alcuni briganti, particolarmente determinati, assaltavano interi centri abitati e qui completavano il loro latrocinio con assassini e incendi, lasciando le popolazioni nel terrore e nelle lacrime.

Sul finire del sec. XVI il Card. Felice PERETTI venne eletto pontefice con il nome di Sisto V.
Sisto V impiegò gran parte del suo pontificato per risanare e governare una Roma e una corte pontificia largamente corrotte. Ebbe fama di costruttore di edifici e di monumenti, ancora oggi esistenti, e ridisegnò l'urbanistica della città eterna.
Attorno alla sua figura sono sorte addirittura leggende gustosissime. In ciociaria il suo nome è legato soprattutto alla repressione del banditismo particolarmente fiorente.

In quegli anni, bastò una politica severa ma giusta perché fosse quasi del tutto debellato il brigantaggio e uno degli uomini più integri che fece applicare le leggi, senza mancare di umanità, fu Mons. Domenico Ginnasi.

Delegato dal papa, Mons. Domenico Ginnasi si rivelò un degno magistrato che non dimenticò di essere un ecclesiastico e quindi un servitore del Vangelo.

Con l'incarico di Vice Legato, il 4 febbraio del 1586, fu inviato dal Papa nelle province di Campagna e Marittima col compito ben preciso di stroncare il brigantaggio arginando l'ondata di malefatte e omicidi.

In quei tempi vigeva la pena di morte e per Mons. Ginnasi, che viveva una vita esemplare, fatta di testimonianza cristiana, di correttezza e di bontà, applicare la legge con giustizia e fermezza, non fù certamente facile.

Il Ginnasi discendeva da una famiglia ricca, un indubbio vantaggio sociale, che non volle usare per fare carriera, come spesso si usa ma, molto diligentemente, si servì della sua posizione privileggiata, per fare opere di bene, sia religiose che sociali, facendo costruire cappelle, orfanotrofi, ospedali e monasteri.

Dopo la missione a Frosinone il Ginnasi divenne Vescovo di Manfredonia e quindi Cardinale.
I suoi biografi scrivono che era uno specchio di illibati costumi e di straordinaria e tenera devozione verso la Beata Vergine. Raccontano che quando era costretto a firmare una sentenza di morte, lo faceva piangendo e che trascorreva la notte precedente l’esecuzione in preghiera.

Il Mezzamici, un suo primo biografo, ricorda quel periodo: "Quando i delinquenti erano condannati a pagare per mano del carnefice sul patibolo della pena, Domenico nella notte antecedente all'esecuzione, ne consumava di gran parte vegliando e orando per la salvezza delle loro anime, e talvolta ancora somministrava alle loro figliuole nubili qualche sussidio dotale".

Queste testimonianze sulla figura del legato Ginnasi aiutano a cogliere gli eventi collegati alla realizzazione di una chiesetta che egli fece costruire sul luogo in cui venivano eseguite le sentenze capitali.

La sua sensibilità umana; la certezza che al di sopra della giustizia degli uomini esisteva "la giustizia e la misericordia divina" che apriva le sue braccia anche ai peccatori più incalliti ed agli assassini più inveterati e soprattutto la particolare devozione a Maria, dovettero suggerire al Vice Legato pontificio la costruzione della piccola cappella che fu dedicata proprio alla Vergine.

Praticamente era una "cona" di minuscole di dimensioni, appena cinque metri di lunghezza e altrettanti di larghezza, ma sufficiente per permettere ai condannati a morte di esservi introdotti prima dell’esecuzione della sentenza per ottenere il perdono divino.

E non c’è dubbio che la maggior parte dei condannati lo facesse. Bisogna dire che, per quanto fossero presenti diverse forme di male nella società di allora, vi era però in essa un profondo orientamento religioso della vita; a differenza di un certo indifferentismo religioso del nostro tempo che vorrebbe cancellare dalla società civile, che si definisce laica, il senso del sacro e del religioso in genere.


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